Cardiomegalia – Episodio III

di Anna Toscano (@rossofloyd); foto: @rossofloyd.

Questo brano fa parte della rubrica “Conversazioni Musicali” e nasce dalla collaborazione tra Anna Toscano e Loris Pina, che si alternano nella narrazione a episodi…:

Il pavimento freddo del mio salotto mi dice che sono di nuovo precipitato dal divano, nel bel mezzo della notte. Mi capita spesso di addormentarmi qui ormai, mentre guardo un film o qualche programma notturno strano alla tv. Arriva un momento in cui riesco a percepire solo luci intermittenti, troppo stanco per seguire e anche per alzarmi, mi trovo in un limbo tra conscio e inconscio. Così precipito in un sonno prepotente, che mi abbassa le palpebre a forza, senza che io possa farci niente. Finisco per fare sogni rocambolanti o incubi inquietanti e contorti. Va così, nelle mie strane notti su questo divano da salotto, che nulla di male ha fatto per dovermi sopportare tutto il tempo. Il mio inconscio è un labirinto fantasioso.

Un movimento improvviso, dettato da chissà quale impulso sepolto. Precipito? Mi ritrovo con la faccia schiaffata sul marmo freddo del pavimento…

“Ticking away the moment that make up a dull day…”

Guardo l’orologio e inizio a canticchiare…“time” dei pink floyd si materializza nella mia mente e crea un piacevolissimo concerto immaginario. “Oh quanto mi mancano i concerti!” dico a mezza voce, ancora intorpidito. Il freddo del pavimento mi contagia piano piano. Cerco di rialzarmi. Pagherei oro per tornare indietro nel tempo e vedere un concerto dei Pink Floyd al completo.

“There is simeone in my head but it’s not me!”

Oh sì, a volte penso ci sia qualcuno nella mia mentre e sicuramente non sono io…perché poi non lo ricordo. Brevi amnesie o vuoti di memoria, le chiamano così; fatto sta che io non ricordo un bel niente di quello che mi succede anche a volte per 15 minuti. Non succede ogni giorno, a volte torna dopo mesi. Ma torna sempre. Mi alzo con uno sforzo immane, sento tutta la stanchezza addosso e le ossa intorpidite; fletto il braccio, mi metto in ginocchio in mezzo al salone e vedo un piccolo luccichio sotto al mobile della tv. È un orecchino che Paola aveva perso tempo fa. Incredibile come faccia a non cercare mai le cose nel posto giusto. Mi chino a raccoglierlo e realizzo in questo frangente di non avere avuto amnesie da un po’ di tempo. Mi blocco a guardare la parete, faccio mente locale sugli ultimi avvertimenti… “Sono migliorato da un anno a questa parte.” sussurro tra me. “Però ora non devo iniziare a parlare da solo…” Mi alzo e mi dirigo verso il letto. Mentre chiudo gli occhi sorrido: sembra che abbia trovato un senso o semplicemente qualcosa, anzi qualcuno che mi faccia stare bene. Forse, per una volta, ho cercato nel posto giusto? Stringo in mano l’orecchino di Paola, mentre precipito di nuovo in un sonno profondo.


La faccia di Paola è rossa, le guance roventi quasi come le mie mani che reggono due cappuccini in plastica. Sto impalato davanti alla porta e balbetto un “ciao” sorridendo come un bambino che ha appena ricevuto i regali di Natale.

“Hey, che fai lì con quel sorrisone?”

“Paola hai una faccia paonazza”

“Dovrebbe essere una battuta?”

Sorride e diventa tutta fossette e guance più rosse.

“Perché li hai presi da asporto? Potevamo andare lì a sederci…”

“Siamo zona arancione, ricordi? E poi odio prendere il caffè dietro il plexiglas. Non è che mi fa piacere portare della plastica assassina bollente nelle mani.”

“Fa più male al pianeta che a te, stanne certo.”

Prende la plastica e la svuota in due tazzine di ceramica decorate di azzurro e bianco.

“Così va meglio, il caffè nella plastica non si può sentire.” Dice fiera.

“Beh, ci sono dei motivi se ti amo.”

“Ma che diavolo ti prende oggi?”

Poso il giubbotto e butto giù il caffè amaro…guardandola negli occhi. Questo è un momento di felicità che non tornerà. In questi piccoli momenti vedo l’amore, momenti apparentemente senza significato e in cui, invece, io ci vedo tutto.

“Come mai sei così rossa?”

“Non lo so, sarà il riscaldamento a palla”

Paola mi fissa le mani, le guardo e realizzo di avere le nocche rosse e tagliate in alcuni punti.

“Lo so, lo so, dovrei mettere dei guanti…”

“Ma hai fatto a botte?” Ride.

“No, è il freddo giuro.”

Paola sorride poggiando il viso tra le mani.

“Ci vediamo sul lato oscuro della luna…”

“Cosa?”

“Non credi sia una delle frasi più belle della musica?”

“Beh, sì è molto bella.”

Senza dire niente, ti guardo. Hai già capito cosa voglio fare. Mi avvicino al lettore vinile, metto su quello dei Pink Floyd.

Ti sfioro i capelli, ti sono sempre più vicino.

Così anneghiamo nel nostro spazio, il punto in cui nessuno potrà mai trovarci e in cui siamo intaccabili.


“Quel quadro lì c’è sempre stato?” Dico, mentre mi sveglio intorpidito qualche ora dopo sul divano di Paola.

“Sì…”

“Lo sto guardando bene solo adesso…”

“Ti piace?”

“Molto.”

“Anche a me. Mi rilassa tutto quel blu.”

“Già. I due amanti che ondeggiano…a loro non gliene frega niente della gravità.”

“Loro non fanno caso alla gravità quando stanno insieme.”

Paola mi guarda e sorride, girando il collo, sento il suo corpo muoversi sul mio.

“Ah, ho trovato una cosa oggi, sul pavimento del salotto…”

“Che cosa?”

“Una cosa tua.” Mi divincolo un po’, afferro i jeans sul pavimento e scavo nella tasca.

L’orecchino brilla timido nella mia mano, ancora bello ma un po’ ammaccato.


Mi ritrovo in strada, non so come sia successo, non saprei dire neanche esattamente dove mi trovo. Devo aver camminato molto, sono affannato, sono agitato. Il sole mi acceca…fa troppo caldo qui. Guardo la strada agitata e cerco di recuperare a fatica il mio ultimo ricordo: Paola che afferra il suo orecchino e sorride, dicendo “sarà rispuntato dal lato oscuro della luna…”

[CONTINUA]

[Leggi qui l’episodio precedente di Cardiomegalia]

 

 

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