“Tutti uguali sono i colori nel buio…”

Se solo il serpente si mordesse la coda

di Francesco Scaramozzino

Illustrazioni: Francesco Scaramozzino

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Francesco Scaramozzino ha 27 anni, studia in Inghilterra ed è originario di Reggio Calabria. Ci trasporta in un universo onirico e a tratti inquietante che lascia col fiato sospeso fino alla fine…:

Un giorno in un deserto bianco. Solo un tempio in mezzo all’orizzonte, metafisica angoscia di marmo. Queste sono cose successe veramente a noi in testa, che ti stanno per succedere, in modo diverso. Sono anche cose che poi hanno effetti fuori. Ci sono sempre degli effetti fuori poi. In questo deserto tutto bianco, figure oscure ciondolano, camminano, sono lontane ma si avvicinano, veli neri che ondeggiano. Sono donne velate e ogni velo contiene tre teste, una sopra le altre due: tre volti basculanti che sbucano sorridenti dal nero. Sono arrivate qui adesso. 

“Si può entrare se si vuole- sibilano- Il tempio, si può entrare. È dimora del nero. Si può entrare se si vuole” – ripetono le triadi velate. Le guardi neanche troppo perplesso e rispondi: “Ok.”’ – placido.  Dal velo di una entusiasmata, sei braccia si espandono, insetto del buio, e spronano all’ingresso: “Entriamo, entriamo, entriamo.” Fanno così con le braccia, come a spingere. Le altre fanno oscillare le teste con altrettanto entusiasmo e ripetono: “Entriamo, entriamo, entriamo.” Entriamo. 

Le precedi, loro ti seguono. Muovono, gesticolano, tutte ora con le sei braccia agitano la veste, ballano? Sono paradisee in amore ora, saltano e dal nero sorprendono mostrando colori abbaglianti, folgori. Così la processione convulsa si fa largo tra una foresta di marmo. Nel tempo le distanze si dilatano, e passo a passo si assiste al diradarsi dell’esistenza. Le colonne si assottigliano, le triadi danzanti si allontanano, e passo a passo muta l’oscurità spande: i colori cedono, i contorni si lacerano, finché tutto il visibile collassa in un volume nero. Ma non solo l’occhio, anche i suoni si diluiscono nel silenzio e il suolo sotto di te, ti lascia. Vuoi cerare il tuo viso, ma le mani hanno disertato il patto antico tra te e la carne. È il sentire del corpo che sbiadisce e tutto adesso sa di niente. È sola la coscienza di te che avanza. Avanzare poi, è un termine ora privo di semantica, seme infertile, simbolo insignificante, sai di andare, diciamo, avanti ma nulla cambia. Tu sai, solo tu sei, rimani come parola che non significa niente, cioè indipendente.  Tu sai solo te e sai tutto. Tutto è privo e sei tu il nulla.

Ora, dal nulla che sei una realtà si riaffaccia. Senti? Il liquido dell’esistenza riempie di nuovo le tue orecchie. Sono voci e sono tue per adesso. Un nuovo patto è stabilito.  Sei nella tua stanza, con tua madre: “Vuoi vedere le decorazioni di pasqua?” – dice.

“No, che decorazioni? Non ci sono decorazioni di Pasqua.”

“Sì, sì che ci sono! Vieni fuori” – ti prende dal braccio- “Guarda, guarda!”. Ci affacciamo al balcone: abbiamo appeso un uomo vivo che muore, crocefisso, sanguinante che geme, appeso al nostro balcone su una croce. Sta morendo ed è straziato dal dolore. Ogni famiglia ne ha uno. Rientriamo agghiacciati.

 “Non ti piacciono?” – Fiato, fiato, anche qui serve fiato. Confusi guardiamo tua madre, confusa non capisce. Appare una faccia, un uomo mediocre e ti osserva e ti capisce. Ti dice: “È la tradizione. Non devi sentire nulla. Ora ho tanta voglia di stabilità e concretezza.” Tua madre è adesso turbata, vorrebbe stendersi. Il cuore ti si aggrappa alla gola e sbatte e il fiato diventa prezioso. Scappi, scendi. In strada seduti ad aspettare prigionieri destinati alla crocefissione. Sporchi, non parlano e con lo sguardo invocano la morte senza dolore. Loro possono. Hanno tatuate bombe, bombe sulle braccia pronte a scoppiare. Che miseria. Vabbè tu credi di sapere la verità? Se credi di sapere è solo credenza e tu ne sei creatore. Qualsiasi cosa sia. La croce e il dolore, ti dispiace? Che vuol dire?! Cose da animali, uh, uh, ah ah! Retaggio di mammifero scalzo. Qui che importa è la coscienza che esiste ed è esistenza. Certo, meglio scalzi comunque che con mocassini brutti. Gli scimpanzé arrivano in guerra dalle foreste del Cogno, sono scimmie cannibali, feroci e fastidiose. Scappi di nuovo. Ma dove vai? Questi gridano, mangiano, saltano. Spari lontano danno eco alle grida. Panico. “Eppure non ce n’è bisogno, cosa ci cambia in fondo?” – ci dicono tre teste di triade che rincontriamo tra tre tigri- “Dove vuoi andare poi?”- dicono. Guardati, tutto quello che hai visto, vedi e vedrai è qui e ora, tutto. Sembra che sei stato prima e che sarai dopo, ansia e illusione di memoria e aspettative. Non sembra, ma tutto te sei sempre solo qua e da nessun’altra parte, per quanto ne sai, adesso e in questo momento, mentre leggi, sei tutto qui: il tempo della coscienza è uno ed è presente. Che ti devo dire?! Artefice del tuo destino, ogni volta sei tu che te ne stai lì, molle fico maturo ti lasci cadere, fino a vedere i vermi. Non sai frustare i tuoi cavalli, auriga senza testa. Eppure noi ci siamo, basta una tua parola e sarai salvato. Richiama fiumi di sangue al cervello per muovere quel dito. È inutile giustificarti, lascia stare. Meglio morire sbranati. Aspetta, poi ci torniamo sul problema del bene e del male. È un problema grosso. Cos’è? Le tre teste ti guardano con stupore, scintillano in un triangolo di serenità. Non mi piacciono, o forse sì, tu lo sai. Domandati, ti stai domandando, loro sapevano che avresti domandato e domandi loro: “Io non credo di avervi capito, voi non soffrite? Non vi sentite in colpa? Non lo conoscete? Lo schifo. Qual è il vostro potere?”

“Ehehehehe”- ridono loro, non le ascoltare. Lo sapevo. Ti diranno cose del sonno, narcotiche e ti piaceranno.  Ma non possono sapere loro, non farti ingannare, non sanno per certo, sono anche loro figlie tue e tu non sai.  Il dubbio può essere un gran beneficio. Ti diranno cose che fraintenderai, tu non le stare a sentire: “Tutti uguali sono i colori nel buio. Il nostro potere è essere già morte.” 

Noi siamo vivi ed è denso l’esserci qui! Finché sei vivo hai un mondo di coscienza, che è il nulla, nulla che non è da nessun’altra parte, solo in te e sei tu ed è tutto quello che hai per quanto ne sai. Giusto, perché ancora non sai. È un casino, sono scelte, sono dubbi, sono serpenti che si aggrovigliano sotto i tuoi piedi. Prendine uno, sceglilo tu, uno. Fallo, fagli mordere la coda e vedrai. Basta farlo, con scioltezza, senza pensarci troppo. Non è che uno vale l’altro, lo devi sceglie certo, ma con naturalezza, liscio. Come se fossi brillo. Prendine uno, uno solo, fagli mordere la coda e vediamo che succede. Vediamo che succede. Possiamo anche giusto essere curiosi di vedere che succede e basta. Basta, hai finito di parlare, pensa ad altro adesso, prenditi un po’ di mondo, ripigliati e vai a mangiare.

Grazie Francesco!

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