Foto: Federico Malvaldi
di Federico Malvaldi
Sono le 16:57 di pomeriggio e non posso fare a meno di pubblicare il racconto di Federico Malvaldi, classe 1991, che ci scrive da Pisa. In questo racconto viviamo insieme a lui il fatidico atto di tenerezza di Saverio Gigli…:
Saverio Gigli poteva sembrare un uomo senza né arte né parte, ma una cosa eccezionale ce l’aveva: la sua tenerezza. Non c’era volta in cui egli non fosse gentile con qualcuno, delicato al punto giusto da strappare un sorriso anche al più burbero degli uomini. Ma c’era un giorno in cui Saverio Gigli, per un solo attimo, abbandonava tutta la sua tenerezza in favore di un gesto di assoluta arroganza. Quell’attimo era quello delle 16:56 e trentatré secondi di ogni settimo martedì dell’anno. In quel solo frangente, unico e irripetibile per i trecentosessantacinque giorni a seguire, Saverio Gigli compiva un gesto scorbutico, pieno di tutta l’insolenza e la frustrazione che un uomo può accumulare in così tanti giorni di tenerezze mal corrisposte.
Ma quella volta in particolare, alle 16:56 e trentatré secondi del settimo martedì dell’anno, l’uomo si trovava in un piccolo bar di periferia, con un caffè bollente fra le mani e la più bella donna che avesse mai visto davanti a sé. Così, preso da un improvviso panico d’amore, egli si dimenticò del suo attimo di arroganza.
– Le piace il caffè? Chiese lei.
– Moltissimo, il più buono che abbia mai bevuto.
Rispose lui con il più timido dei sorrisi, mentre la sua fantasia e le sue aspettative iniziavano a crescere a dismisura tanto da farsi l’illusione di poterle chiedere di uscire alla fine dell’orario di lavoro.
Ma proprio quando le 16:56 e trentatré secondi si stavano trasformando nelle 16:57, la donna finì il turno e ad aspettarla giù dal banco Saverio Gigli vide un bellissimo uomo dall’aria sofisticata. Le sue parole restarono lì, ferme a metà tra le labbra e l’aria, perse nel limbo dell’inesistenza.
Così la donna andò via, abbracciata a un uomo che non era lui, lasciandolo lì, solo nel suo essere senza né arte né parte, con quella tenerezza non corrisposta che, a ben vedere, non lo portava mai a nulla di concreto.
Qualcosa nella mente e nel cuore di Saverio Gigli si ruppe. Quel breve attimo di illusione e di arroganza mancata fecero crescere il suo senso di frustrazione al limite del tollerabile, tanto che quando la nuova barista, una ragazza dai capelli rossi e le abbondanti lentiggini, salì sul banco di lavoro, egli l’apostrofò dicendole che quel caffè era troppo caldo e quindi imbevibile, e lo rovesciò per terra infastidito.
Da quel momento la tenerezza di Saverio Gigli si perse nel nulla. Per tutto l’anno, ogni anno, l’uomo si ritrovò a vivere avvolto in una corazza di rabbia e scontrosità; ad eccezione di quell’unico attimo, quello del settimo martedì alle 16:56 e trentatré secondi in cui l’uomo, per uno strano scherzo del destino, si ritrovava a regalare al mondo un solo e dolcissimo atto di tenerezza.
Federico Malvaldi (@Faedus)
Grazie Federico!
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