di Pedro Juan Aversa @aversa.pedro; raccontARTE: Luigi Ghirri.
Chissà come ho fatto a stare con lui per sei anni. Si ripeteva la donna mentre sfilava una sigaretta dal pacchetto di Marlboro. Sei anni della mia vita persi dietro uno stronzo. Sei anni sprecati per una persona che non mi ha mai amato. Frugando nella borsa cercava l’accendino giallo. Si accese la sigaretta facendo il tiro più lungo di sempre. Il sole le illuminava il viso rendendo la sua pelle luminosa e priva di difetti. L’estate è il momento migliore per lasciarsi, pensò. Era seduta in una panchina di fronte a un balcone che dava sull’Adriatico. Non riusciva a vedere il mare, però sentiva il lento dondolare delle onde che si schiantavano contro il cemento ai suoi piedi. Sentiva l’umidità di queste rocce; sentiva quel senso di profonda frescura che si prova quando si viene bagnati dall’acqua salata nelle calde giornate estive.
Chissà come ho fatto a stare con lui per sei anni.
Aveva divorato la prima sigaretta e ne cercava subito un’altra infilando la mano scarna dentro la borsetta beige, senza guardare. Sei anni fa ero troppo piccola per rendermene conto; ero troppo piccola per capire che meritavo di essere amata, pensò. Lui era così bello, aveva i capelli biondi come i cedri d’estate, un sorriso cinematografico e un corpo perfetto, con ogni cosa al suo posto. Mi piacque appena lo vidi. Fisicamente, dico. Poi quando parlò cominciai ad innamorarmene, era così gentile, premuroso, onesto. Mi offrì un drink e mi porto a veder le stelle lungo il mare. Fu bellissimo. Lo baciai quel giorno stesso. Lui aveva 28 e io ne avevo 24. Lui aveva 28 e io 24. Chissà come ho fatto a stare con lui per sei anni. Trovò la seconda sigaretta mentre con gli occhi guardava imbambolata di fronte a sé il vuoto cielo limpido di metà pomeriggio. Nell’aria si sentiva solo il garrito dei gabbiani e il fresco vento marino trasportava di tanto in tanto un lieve sentore di escrementi di uccello. Ogni volta che sentiva questo odore acerbo, il suo naso alla francese si richiudeva come in una morsa, oppure si spostava, cercando di cogliere le correnti che trasportavano i fumi della sua Marlboro. Cercando di annebbiare l’olfatto con l’odore di tabacco. I primi mesi furono un sogno. Da incorniciare. Io mi sentivo bellissima insieme a lui e lui mi coccolava come fossi una dea.
Poi l’amore…quanto era bravo a fare l'amore quello stronzo!
Furono anni da luna di miele, anni magnifici, anni che mi rimarranno come ricordi indelebili nella mia anima. Si accese la seconda sigaretta. Avrei dovuto lasciarlo quel giorno, pensò.
È tutta colpa mia; se l’avessi lasciato quel giorno, non sarebbe finita così. Fumava voracemente come a voler ingoiare tutto quel fumo, come a volerlo prendere con mani e infilarselo a forza nei polmoni per strozzarsi. Avrei dovuto lasciarlo quel giorno. Queste parole le risuonavano come un attestato di colpevolezza, insieme all’immagine di lui, sorridente, con le pupille dilatate e le narici biancastre. «Hai sniffato coca?» «No, amore, come ti viene in mente!» «Hai le narici sporche di bianco» «È solo zucchero.» disse pulendosi il naso. «Dimmi la verità, amore…» «Okay, volevo solo provare. Non dici sempre che bisogna provare tutto nella vita?» «Si ma…» «Dai, amore, ne ho ancora un grammo. Vuoi fare un tiro?» Quella seconda sigaretta durò ancora meno della prima. Una lacrima le scese dall’occhio sinistro. La luce estiva la illuminò così tanto da renderla quasi invisibile agli occhi dei passanti.
Avrei dovuto lasciarlo quel giorno; si ripeteva nella testa.
Prese un’altra sigaretta. Si girò per vedere il paesaggio che aveva dietro. Vedeva vecchie coppie tristi che camminavano vicine, ma senza tenersi per mano; poi bambini con i loro genitori che non urlavano, non ridevano, non facevano nessuna azione “da bambino” e vedeva la chiesa del paese. Bianca, illuminata come fosse una madonna. Non ci sono mai entrata, pensò. Si rigirò a guardare il mare. Preferiva di molto quel panorama. Quell’infinita landa azzurra su cui poteva immaginarsi in un altro posto, in un altro mondo, in un altro tempo. In questo ultimo periodo, aveva preso il vizio di venire al mare la sera e guardare le onde, da sola. Solo guardarle. Immaginando la sua vita se avesse preso decisioni diverse. Immaginandosi la sua vita se…
Dopo quel giorno le cose peggiorarono. Passò poco prima che le confessasse che faceva uso da sempre di coca. Passò poco prima che passassero dal fare l’amore a sniffare in compagnia. E lei lo faceva, lo faceva perché aveva paura di perderlo. Lui era sempre euforico, sempre a mille e non si preoccupava delle conseguenze e non si preoccupava di costruire un futuro. Si accese la terza sigaretta. Questa volta si decise a fumarla con calma. Avrei dovuto lasciarlo quel giorno. Non me ne rendevo conto. Non mi rendevo conto dell’abisso verso il quale mi stava portando. Lui lo vedevo sempre magnifico, stupendo. Certo; ho dovuto “mettermi via” alcune cose, ma ormai mi aveva preso, non sarei riuscito più a fuggire. Da sola non ci sarei mai riuscita. Ma quando mia sorella mi regalò quel quadro con le nostre foto per i miei trent’anni, ho visto. Ho visto il fantasma che stavo diventando. Il mostro nel quale lui mi aveva trasformato. Ero dimagrita di almeno dieci chili, ero molto meno tonica, ero bianca come un cadavere da obitorio… i miei occhi erano secchi, i miei capelli tendente al bianco… sorridevo a 24 anni prima di conoscerlo… Dio; nell’ultimo periodo il sorriso non sapevo più nemmeno cos’era. Si asciugò la lacrima che il vento aveva ormai seccato, lasciandoli una cicatrice fredda in volto. Neanche un confronto, neanche un “Allora vattene puttana!” urlatole addosso. Niente. Solo un semplice “prima di andartene dimmi dove hai lasciato la coca” detto senza guardarla nemmeno negli occhi. Non l’aveva mai amata.
E dopo anni aveva il coraggio di dirselo. No, non l’aveva mia amata.
Aveva appena fatto due tiri quando una lieve brezza fresca le alzò i capelli. Il sole stava calando e ora Il suo viso era scarno ma presentava uno strano sguardo in faccia, come di chi, dopo tanto tempo, riusciva a immaginarsi un futuro. Un futuro felice.
Pedro Aversa @aversa.pedro