di Luisanna Ciuti (@luisellen); foto: Giovanni Caruso (@caruso.gc)
Era la prima volta che lui la invitava. Ed era anche la prima volta che disobbediva alla madre per uscire di casa. Le aveva detto che sarebbe andata a prendere la legna per quella sera, invece, col cuore che le batteva all’impazzata, stava andando da Ali.
Ali aveva gli occhi brillanti come i blu delle statue dei templi. I capelli corvini e il sorriso veloce. Nel gruppo dei suoi amici era il più scaltro, tornava sempre con qualche oggetto di qualche turista sprovveduto o distratto, alle volte riusciva anche a farsi regalare qualcosa.
Persi camminava col cuore in gola. Sarebbe dovuta tornare a casa prima della pioggia, sentiva nell’aria l’arrivo del fango.
Ali la aspettava al posto stabilito. Stava dritto lì, come un giunco sottile. Come la vide, le prese la mano.
Come era fresca la mano di Ali! La pelle calda e morbida di Persi si ricordò di quando aveva toccato il freddo del fiume l’anno prima.
Assieme si arrampicarono nel luogo segreto, erano finalmente soli.
Ali si fermò davanti a un tumulo di terra. Scoprendolo dalle foglie, c’era una buca, con delle scalette plasmate dalla sabbia e dalla terra argillosa.
“Scendi con me.”
Persi guardava con diffidenza la buca, non le erano mai piaciuti i posti profondi, o bui. Una volta il fiume di fango aveva divorato le strade ed era entrato con la sua lingua dentro la casa di Persi. Aveva leccato l’uscio, lasciando saliva grigia d’acqua e di polvere, chiudendo gli spazi, bagnando la notte, prendendo lo spazio
della luce, lei stava dormendo quando…
“E se non riesco a risalire, poi?”
“Ti porto su io…”
Il sorriso di Ali erano fiamme bianche, come le fauci delle tigri.
Sul fondo della buca c’era un panno di stoffa. Ali la fece sedere, e con sguardo fiero le mostrò il suo dono.
Una melagrana dorata, con ancora tutte le punte. Ne staccò la corona e con l’occhio fisso la pose sulla testa di Persi.
“Sei una regina ora”. Persi rise, abbozzando la danza che aveva visto fare alla sorella più grande il giorno del suo matrimonio
“La Regina del Regno di Sotto”
Spaccarono il frutto, facendo cadere i rubini di succo fra le mani, sulle ginocchia, nella terra. “Ma questi sono semi…” – “Ti crescerà un albero nella pancia” – ridevano. E le risate rimbalzavano tra le pareti di argilla.
Passarono le ore, a manciate di minuti. Il tempo è spesso come una melagrana: da lontano sembra tutto intero e rotondo. Poi succede qualcosa e si spacca. E allora più vicino vedi, è diviso in sezioni. Tra le membrane sottili ci sono spicchi di tempo, che forse sono le ore e poi, ancora, ognuna di quelle ore è abitata da chicchi più piccoli, e ogni chicco ha degli angoli e un piccolo semino, come una fiammella, in una gabbia di vetro rosso. E, come la parte più piccola del tempo, è la cosa veramente viva.
“Sta arrivando.”
Persi alzò lo sguardo. Gli occhi neri guizzarono nell’orbita bianca come un pesce veloce.
“Aspetta, non è il monsone, restiamo ancora. Quello era il rumore del bosco…”
In quel momento iniziò a piovere a dirotto. Non era facile risalire, mentre i piedi scivolavano sui fanghi. Si aggrappavano forte l’uno all’altra, cercando di non perdere le mani. Persi aveva dita piccole, Ali dita veloci. Afferrò giusto in tempo un radice, tirandosi fuori con forza dalla buca di scivolo. Ma l’acqua scrosciava forte, non si vedeva nel vento, nel fango.
L’aria era terra. Persi aprì gli occhi e la bocca, spalancando un’ultima volta la voce all’aria. La terra era un’onda dura. L’acqua continuò a nutrire la buca per molte settimane. Strapazzando quello che trovava, depistandolo e ricoprendolo del tutto. Ali non raccontò mai della buca che ingoiò Persi. Non passò mai più vicino al luogo segreto, non poteva, senza che l’aria gli venisse respirata via dai polmoni.
Di certo, però, se avesse potuto passare di lì, senza un macigno sul cuore, lo avrebbe notato. Era strano davvero, in quella vegetazione lì, vedere quel piccolo melograno crescere nella terra argillosa.
Luisanna Ciuti (@luisellen)