“Crepe”

brano estratto da “Crepe” di Benedetta Zema @bennyzema; 



Seguiamo Stefano nella sua cucina e ciò che vedo – il tavolo lucido, le sedie ordinate, un mazzo di fiori sulla credenza – mi conferma l’impressione che ho da quando ho messo piede in questa casa: quella di un’esistenza vissuta in maniera discreta e più che dignitosa. A dispetto della corporatura che ricorda quella di un chiodo, mi sembra un vecchietto tosto, uno che non vive di ricordi e che non si lascia sopraffare dalla nostalgia dei tempi passati.
L’anziano mette a bollire l’acqua in un pentolino poi, con movimenti precisi e misurati, la versa nella teiera. Non appena si rende conto che la mia tazza è leggermente sbeccata se ne scusa e me la sostituisce con una nuova. Intanto lui e Ida parlano del tempo, degli acciacchi che li affliggono, del caldo eccessivo che rovinerà il raccolto e dei villeggianti che inquinano il mare e le spiagge.
Mi guardo intorno alla ricerca di fotografie, cartoline, calamite e di tutte quelle cianfrusaglie che, seppur nella loro inutilità, raccontano ciascuna una storia diversa. Eppure, realizzo con stupore che in questa casa non c’è niente di simile: niente foto di matrimonio o battesimi, nessun disegno realizzato da nipotini, neanche l’ombra di un souvenir ricevuto in dono. D’improvviso comprendo quanto questa casa sia tristemente impersonale e mi domando se Stefano abbia un passato a cui aggrapparsi. Lui mi osserva vagare con lo sguardo e sembra leggermi nel pensiero.
Abbasso imbarazzata il capo temendo di essere risultata indiscreta, ma nel padrone di casa non c’è alcuna traccia di fastidio.
«Mi sembri una ragazzina sveglia.» Sorride facendo sussultare i lunghi baffi. «Non sono sempre stato un uomo solo, sai? Un tempo avevo una donna…»
«Non è necessario» interviene mia nonna posandogli una mano sul braccio.
Lui la tranquillizza posandoci sopra la sua. «Sin dall’adolescenza ero innamoratissimo di una ragazza. Lei, però, amava un altro e dalla loro unione nacquero due bellissime bimbe. Crescendo me ne feci una ragione e conobbi un’altra donna. Mi divertivano le sue battute, mi incantavo a guardare il modo in cui i suoi lunghi capelli si spostavano quando piegava il collo, mi piacevano il suo profumo e il modo in cui aggrottava la fronte quando qualcosa non la convinceva. Anche lei, per qualche motivo, era attratta da me. Penso che l’avessero conquistata la mia ironia, la prospettiva inconsueta e spesso bizzarra da cui ho sempre osservato il mondo. Tra noi era insomma scattata quella chimica che definiamo innamoramento.»
Fa una pausa per sorseggiare il suo tè e io ne approfitto per imitarlo.
«L’ho amata in molti modi, ma mai con l’intensità che ho riservato a quel primo amore non corrisposto. Così, rendendomi conto di non poterla rendere felice, l’ho lasciata andare.»
D’improvviso tace e gli indirizzo uno sguardo carico di perplessità. È davvero tutta qui la storia? Nessun dramma, nessun litigio, una fine priva di rumore, come una stella che svanisce nel silenzio della notte?
«Ha preferito rimanere solo?» domando d’impulso. La nonna mi fulmina con lo sguardo come se avessi detto qualcosa di inopportuno.
«L’amore non corrisposto causa frustrazione e infelicità, nessuno lo sapeva meglio di me. E infatti la vedevo spegnersi giorno per giorno: ciò che l’aveva resa bellissima ai miei occhi – la sua vitalità, il suo entusiasmo, la sua passione – stava rapidamente sfiorendo. Era una persona meravigliosa e non meritava di essere la seconda scelta di nessuno. Trattenerla sarebbe stato un atto di puro egoismo da parte mia, così ho preferito rimanere solo piuttosto che renderla infelice. Puoi capirlo?»
Annuisco, il suo ragionamento mi pare sensato. Una nuvola passeggera copre il sole rabbuiando la cucina.
«Credo che lei sia stato coraggioso» dico pensierosa.
«Ti ringrazio, Emma. Coraggioso non saprei» risponde rivolgendo un’occhiata veloce a Ida, «coerente, direi piuttosto.»
Sgombera il tavolo da piattini e tazze, poi fa un gesto con la mano e aggiunge: «In ogni caso, l’uomo ha il vizio di sopravvalutare le relazioni amorose. La vita è una tale avventura… Sarebbe imperdonabile ridurre tutto a un unico aspetto. L’unico rapporto a cui ho voluto tener fede è stato quello con il mio mestiere. È stata la passione per ciò che facevo a tenermi in vita, nulla che si consumasse sotto le lenzuola» dice sorridendo. «Trova la tua passione, Emma, e fa’ che sia quella a indicarti la strada. Gli esseri umani sono capricciosi, vulnerabili. Ama te stessa prima di chiunque altro.»
«Come farò a riconoscerla?» Sebbene la mia domanda suoni sciocca, desidero con tutta me stessa ascoltare la sua risposta.
«I momenti in cui la coltiverai» risponde Stefano con uno strano bagliore in fondo allo sguardo, «saranno gli unici in cui ti sembrerà che questa strana vita abbia un senso.»
Ringraziamo calorosamente l’anziano e ci congediamo, io con una stretta di mano, Ida con un abbraccio che mi sembra durare qualche istante più del dovuto.
A fine giornata, torno dall’artigiano a ritirare il regalo di Alice. Il ciondolo è asciutto, perfettamente levigato e al suo interno spiccano, in tutta la loro grazia, le margherite che ho raccolto personalmente.
Mi appresto a pagarlo, ma non ne vuole sapere di accettare denaro. A nulla vale la mia insistenza.
Mi porge un secondo sacchetto di velluto chiedendomi di consegnarlo alla nonna. Nel tragitto di ritorno accosto la bici sul ciglio della strada e vi sbircio dentro, vinta dalla curiosità. Al suo interno, impresso nella resina, si trova un delicatissimo bocciolo di rosa.


Crepe, Benedetta Zema, Falzea editore, 2025, capitolo 9, pp. 89-92.

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