Etna e Dalí – Episodio I

di Anna Toscano @rossofloyd; artwork: Jeremy Miranda;




Etna e Dalí: sono due cose lontane, non c’entrano

Eppure si assomigliano, si scambiano pensieri

Dal mare dicevano fosse un cane con la spiaggia

Che sorseggia gorgheggia e parla altre lingue

Sostiene la sua corazza e distrae la gente

Con nuove cose e nuove parole

Suoni strani emettevano

Gioie sconosciute


Dalí guarda il mare ed Etna gli risponde: chi dei due è il paesaggio, chi è l’animale?

Non si è ancora capito dove sia il mito, dove sia la realtà, dove sia il sole e dove sia l’orizzonte.

Non si è ancora capito quale sia la verità.





Dalí ed Etna secondo le persone

Sparisce a volte per ore:sembra che scompaia dalla spiaggia, dalla terra… che si addentri in sentieri sconosciuti che percorra vie nascoste, nell’ombra che ci sia un mondo parallelo di cui solo lui conosce l’entrata. Una volta stavano per arrestarlo, pensavano avesse fatto rotolare un proiettile dorato in un portone, per minacciare un vicino antipatico:

“Ma alla fine, in realtà, non era altro che un bossolo di chitarra!”

“Ma cosa sarebbe un bossolo di chitarra, poi?”

“Non so dirtelo con precisione, a dire il vero.”

“Pensa, essere arrestati per una cosa così sciocca…”

“Comunque dicono che sia molto colto…”

“Già, è stato un importante studioso di greco e latino. Sembra abbia anche pubblicato vari libri.”

“E adesso è solo, ai margini della società e le sue parole sussurrate le ascolta solo il suo cane, poi si perdono nel vento. Mi chiedevo: in che misura le voci che girano su di te poi condizionano il tuo vero essere? La società ha più potere dell’individuo nel categorizzarlo, dargli una identità…”

“Questa è una domanda troppo difficile persino per me, mio caro amico.”





Stamattina davanti al mare: Etna e Dalí, l’Etna con Scilla e Cariddi, Io.


C’era una chiazza rossa sulla spiaggia e due pupille acquose ondeggiavano vicino alla riva, dentro il corpo rugoso di Etna, che stava seduto a guardare il mare come sempre. La bocca socchiusa ogni tanto tremolava per dire qualcosa: a sé stesso, al suo cane, al mare, poi forse al cielo. Il braccio destro ripeteva un gesto meccanico, come se fosse il direttore di un’orchestra, approvava le melodie della marea, ascoltava le onde e accompagnava il loro ritmo.



Dalla mia prospettiva questo suo movimento creava una visione avvolgente, rilassante, magnetica.

Percepivo qualcosa di magnifico: sembrava appagato, felice, in completa connessione col suolo duro e umido, col mare, con la natura, col suo fedelissimo animale che gli scodinzolava attorno.

Anche Dalí era estremamente attratto da quella torsione: avanti e indietro, seguiva con lo sguardo la mano magra e macchiata dal tempo nel suo roteare continuo… forse aspettava che gli indicasse cosa fare da un momento all’altro.

Il vulcano, di fronte, si vedeva adesso più chiaramente: contorni blu scuro, come il disegno di un bambino ritagliato e appiccicato sul cielo chiaro, poi il mare con sfumature cangianti. Scilla e Cariddi – non sempre, solo a quest’ora – si sorridono.



Etna accennava un movimento della bocca: sorrideva, come se stesse ascoltando i miei pensieri.

Dalì scodinzolava, piroettava di gioia e girava intorno al suo padrone in una danza bizzarra come per dire “grazie”. Non riuscivo più a distinguere testa e coda per quanto andava veloce. E ad essere totalmente sincero, mi sentivo escluso da questo dialogo silenzioso, invidiavo una connessione così forte tra due esseri viventi. Il sorriso di Etna iniziava a farsi particolarmente evidente, sformando la sua faccia, che d’un tratto appariva meno anziana e stanca.



Dietro di me una roccia possente; io mi guardavo intorno, cercando di categorizzare e individuare tutti gli altri elementi che caratterizzavano questo quadretto nascosto (senza perdere di vista i protagonisti, unico elemento dinamico insieme alle onde del mare). Un odore leggermente sgradevole giungeva dall’orecchio roccioso alle mie spalle, era sicuramente dovuto all’umido: lì non batte il sole. Ma quell’odore non mi disturbava, mi ricordava quanto fosse segreto e poco battuto il terreno dentro la roccia. E in mezzo a tutti quegli stimoli e percezioni totalizzanti, mi erano tornate improvvisamente alla mente le pietre macchiate di rosso che avevo notato all’inizio: non riuscivo ancora a spiegarmi quella strana chiazza.

“Sangue…” mi disse una voce all’orecchio.

Lascia un commento